sabato 13 maggio 2023

Verba volant (835): attrice...

Attrice
, sost. f.

Domenica 21 dicembre 1879 a Copenaghen, nel Teatro Reale Danese - nella splendida sede sulla Kongens Nytorv, inaugurata solo cinque anni prima - debutta il nuovo dramma di Henrik Ibsen. Il drammaturgo norvegese lo ha scritto nei mesi precedenti, tra Amalfi e Roma, durante il suo lungo soggiorno italiano. C’è una grande attesa tra il pubblico. Casa di bambola è stato pubblicato nella capitale danese il 4 dicembre, in un’edizione di ottomila copie, andata esaurita in poche settimane. Gli spettatori di quelle fredde serate che precedono il Natale sanno già che si tratta di un testo scandaloso.
L’Europa in cui irrompe il dramma di Ibsen è apparentemente stabile, i grandi imperi sembrano aver trovato un loro equilibrio, almeno sul continente, anche perché le tensioni tra le cancellerie vengono scaricate sulle colonie. Ma ci vorrà poco perché si arrivi alla prima guerra mondiale. E anche la società sembra solida, retta intorno alla sana famiglia borghese. Ma sotto la cenere covano forze che il perbenismo vittoriano e il rigore guglielmino non riescono più a trattenere. Nuove forze politiche stanno crescendo, pronte a deflagrare tutta la loro carica rivoluzionaria all’inizio del secolo. Nuove correnti artistiche sentono che il classicismo non è più in grado di raccontare il mondo. A Vienna c’è un medico che sta per cambiare tutto quello che si sa su come funziona la mente degli uomini. E poi si profila all’orizzonte un soggetto “nuovo”, che non è più disposto ad accettare le regole imposte da una morale maschile sempre più asfissiante e sclerotizzata: sta per cominciare il secolo delle donne.
Casa di bambola è il testo che annuncia tutto questo con la forza eversiva del teatro. Nora, diventata finalmente consapevole di se stessa, quando dice al marito che non sarà più la sua bambola e lascia la casa per un avvenire tanto incerto quanto libero, è la donna del secolo nuovo, che vuole per sé un futuro diverso da quello che gli altri hanno costruito per lei.

Betty Hennings è la prima attrice a portare questo personaggio sul palco.
Nasce a Copenaghen nel 1850. Entra giovanissima nella scuola di danza del Teatro Reale Danese: è molto brava e il suo futuro sembra quello di una stella della danza. Nel 1869 diventa ballerina solista, ma il direttore della scuola di recitazione del teatro la esorta a provare anche un’altra strada. L’anno dopo è Agnès ne La scuola delle mogli di Molière e Betty capisce che recitare è quello che vuole fare davvero, anche se corre il rischio di deludere le aspettative dei suoi genitori. Diventa la più importante interprete dei drammi di Ibsen: dopo Casa di bambola, è la protagonista di L’anitra selvatica, La donna del mare, Hedda Gabler. Ed eccelle nel repertorio shakespeariano: da giovane è una celebre Ofelia, ma è altrettanto famosa nella maturità per il ruolo di Gertrude. Nel 1922, quando si ritira, la regina del teatro danese ha interpretato centosettanta parti in più di tremila spettacoli.

La fama di Ibsen e la curiosità per quel dramma dalla trama così nuova fa sì che in pochi giorni vengano allestite altre produzioni. A gennaio del 1880 Casa di bambola viene rappresentato al Teatro Reale di Stoccolma. E poi a Christiana, come si chiama allora la capitale norvegese.
La grande attrice tedesca Hedwig Niemann-Rabee viene scritturata per il debutto in Germania.
Nata a Magdeburgo nel 1844, è da diversi anni la stella del teatro tedesco. Dopo i primi anni ad Amburgo, ha lavorato al Teatro Tedesco di San Pietroburgo, per poi tornare definitivamente in patria. Il pubblico la adora. Il giovane Nietzsche le scrive nel 1866 una lettera appassionata, confessandole tutto il suo amore. A questa lettera, come alle altre dei suoi ammiratori, l’attrice non risponde. Hedwig ha già recitato nelle opere di Ibsen ed è naturale che sia lei a interpretare Nora, ma si rifiuta: non vuole portare in scena una donna che abbandona i propri figli.
Ibsen, sollecitato dai suoi editori che temono la censura e la reazione del pubblico, accetta di riscrivere il finale: non ci sono leggi a tutelare il diritto d’autore e non vuole che sia qualcun altro a mettere mano alla sua opera. Il drammaturgo considera un “barbaro oltraggio” quel secondo finale, in cui Nora non lascia il marito, ma accetta di rimanere al suo posto, sperando che l’uomo abbia capito quello che lei sente davvero. Così nel febbraio 1880 Casa di bambola può debuttare a Flensburg e cominciare una tournée nelle principali città della Germania: Amburgo, Dresda, Hannover e Berlino. Mercoledì 3 marzo un’altra compagnia mette in scena il dramma al Teatro della Residenza di Monaco, ma nella versione originale, e Ibsen partecipa ad alcune delle prove per dare le sue indicazioni di regia agli interpreti. Si tratta di una compagnia senza nomi di richiamo, rimane in cartellone pochi giorni e non si riescono a programmare repliche in altre città. Ma nemmeno la produzione “ufficiale”, con il secondo finale, nonostante la fama della protagonista, ottiene il successo sperato. Hedwig, da consumata donna di teatro, capisce che le sue convinzioni non possono prevalere sulla forza drammatica del personaggio e nelle repliche della capitale introduce il finale originale. Così finalmente il dramma ha successo. Il secondo finale viene dimenticato: verrà ripreso, significativamente, durante il regime nazista, quando Casa di bambola potrà essere messo in scena solo in questa versione.

Nel 1883 Casa di bambola viene rappresentato per la prima volta negli Stati Uniti, a Louisville, nel Kentucky. È l’attrice di origini polacche Helena Modjeska che vuole fortemente produrre quello spettacolo, la prima volta di un dramma di Ibsen al di là dell’Atlantico.
Helena nasce a Cracovia nel 1840. Non sappiamo molto della sua infanzia e della sua giovinezza, su cui lei stessa, nella sua autobiografia, è reticente. A ventun’anni debutta a teatro e in breve tempo diventa la più acclamata attrice polacca della sua epoca e, forse involontariamente, un simbolo del nazionalismo del suo paese. Quando un gruppo di studenti, nel 1868, al termine di uno spettacolo le regala un mazzo di fiori legato con un nastro bianco e rosso, le autorità imperiali russe ordinano la chiusura del teatro e l’espulsione dei ragazzi da ogni scuola del paese. Dieci anni dopo Helena, suo marito - editore di un giornale nazionalista liberale - e un gruppo di letterati e intellettuali polacchi decidono di fondare una comunità rurale in California e acquistano un ranch vicino ad Anaheim. Nessuno di loro ha una qualche vera esperienza e non parlano neppure l’inglese: in pochi mesi la fattoria fallisce e il gruppo si sfalda. Lei decide di tornare al teatro e debutta nel 1877 nel ruolo della protagonista in Adriana Lecouvrer. Studia con impegno l’inglese, ma non perderà mai il suo marcato accento polacco. Eppure ottiene un grande successo: è un’attrice di grande carisma e in poco tempo diventa la più famosa interprete dei drammi di Shakespeare. Nel 1883 diventa finalmente cittadina americana e quell’anno vuole produrre per il teatro di Louisville il dramma di Ibsen, che debutta venerdì 7 dicembre, senza incontrare l’entusiasmo del pubblico del Sud, che fatica a immedesimarsi in quella storia sulla buona borghesia europea. Helena continua a recitare fino al 1905, pochi anni prima della morte. La polizia zarista, a causa delle sue idee politiche e delle sue ascoltate denunce sulla condizione delle donne nella Polonia occupata, le vieta l’ingresso in Russia.

In Gran Bretagna la censura che il Lord Ciambellano impone sugli spettacoli teatrali impedisce che il dramma di Ibsen venga rappresentato. Nel 1884 debutta al Princess Theatre Breaking a Butterfly, un adattamento scritto da Henry Arthur Jones e Henry Herman. Non solo ai due commediografi viene data una brutta traduzione della versione con il secondo finale, ma viene chiesto di ricavarne una commedia. In questa versione un vecchio impiegato sottrae la cambiale dalla scrivania di Krogstad e la vicenda si chiude con un improbabile lieto fine. L’opera di Ibsen però comincia a circolare a stampa. In alcune ricche case aristocratiche il dramma viene messo in scena per un pubblico selezionato. In una di queste è impegnato anche George Bernard Shaw, nel ruolo di Krogstad. Finalmente venerdì 7 giugno 1889, al Novelty Theatre, viene messa in scena una fedele traduzione del dramma, con il primo finale. Nora è l’attrice Janet Achurch.
Nata vicino a Manchester nel 1863, Janet è una figura singolare del teatro inglese tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, perché è l’unica donna che produce spettacoli e che, proprio dal 1889, dirige un teatro, il Novelty, la grande sala aperta su Great Queen Street solo cinque anni prima. E non smette di recitare: eccelle in molti ruoli shakespeariani, ma è soprattutto celebre per portare in scena opere contemporanee, come appunto Casa di bambola. Pensando a lei George Bernard Shaw scrive Candida e non ne autorizza la messa in scena se non sarà Janet la protagonista. Candida è un’altra delle donne del secolo nuovo, che dimostra la sua forza e la sua intelligenza di fronte ai due deboli uomini che la amano, e che hanno così bisogno di lei. L’attrice porta il dramma di Ibsen in Australia, in una lunga tournée che la vede impegnata, insieme al marito Charles Charrington, in molte colonie. Durante la permanenza al Cairo, dà alla luce un bambino nato morto, rischiando lei stessa di morire. Per superare il dolore diventa dipendente della morfina, cosa che la porterà alla morte pochi anni dopo.

Sabato 21 dicembre 1889 Casa di bambola debutta finalmente a Broadway, al Palmer’s Theatre sulla 30esima Strada: in questa nuova produzione Nora è Beatrice Cameron. Neppure il pubblico di New York riserva una grande attenzione al dramma di Ibsen.
Beatrice, nata nello Stato di New York nel 1868, nonostante sia una delle più apprezzate attrici della fine dell’Ottocento, smette presto di recitare. E dedica la sua vita all’impegno sociale e politico. In patria è attiva nella League of Women Voters e si batte per il suffragio femminile. Poi, una volta ottenuto questo risultato, alla fine del 1920 è con la Croce Rossa sul fronte della guerra turco-armena. Poi presta soccorso in Siria e in Cecoslovacchia. In patria è attiva nella League of Women Voters e si batte per il suffragio femminile.

La prima italiana di Casa di bambola è lunedì 9 febbraio 1891, nella storica sala del Teatro dei Filodrammatici a Milano. Lo scrittore verista Luigi Capuana, che nei suoi lavori ha sempre indagato con sensibilità la psicologia delle donne, traduce per Eleonora Duse il testo di Ibsen.
Non può che essere la “Divina” la prima interprete di Nora nel nostro paese. Nata nel 1858 a Vigevano da una famiglia di attori originari di Chioggia, figlia d’arte che calca il palcoscenico fin dall’infanzia - a quattro anni è la piccola Cosetta ne I miserabili - Eleonora è la più grande attrice italiana e rivaleggia con Sarah Bernhardt per essere la più famosa attrice del mondo. Ha una propria compagnia e ha ormai la forza di imporre le proprie scelte artistiche. Nessuna donna ha il suo potere nel mondo dello spettacolo. E poi rivoluziona il modo di recitare. Getta le parrucche, i trucchi pesanti e rifiuta i toni enfatici dello stile ottocentesco. Crea uno stile nuovo di recitazione, più fisico, più istintivo, più naturale, in cui tutto il corpo partecipa all’azione: anche nelle sue fortunate tournée all’estero vuole recitare solo in italiano e questo non è sentito dal pubblico come un limite, perché è tale la sua forza in scena da superare le barriere linguistiche. Come dice Cechov: “Non conosco l’italiano, ma ella ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola”.
Nora è il personaggio che Eleonora aspetta. Nella sua carriera riscrive i grandi drammi ottocenteschi, perché con il suo lavoro teatrale cerca di trasmettere al pubblico un messaggio preciso. La società borghese è ipocrita, si fonda su valori falsi, è tutta incentrata sul denaro, e per questo si perdono emozioni e sentimenti. E le donne sono le prime vittime di questa falsa esteriorità, perché la società non ne vuole far esprimere il talento, l’intelligenza, la forza.
Il fatto è che mentre tutti diffidano delle donne, io me la intendo benissimo con loro! Io non guardo se hanno mentito, se hanno tradito, se hanno peccato - o se nacquero perverse - perché io sento che hanno pianto - hanno sofferto per sentire o per tradire o per amare… Io mi metto con loro e per loro e le frugo, frugo non per mania di sofferenza, ma perché il mio compianto femminile è più grande e più dettagliato, è più dolce e più completo che non il compianto che mi accordano gli uomini.
Quando scopre questo personaggio Eleonora si rende conto di aver trovato una sorella, una compagna, una donna che combatte la sua stessa lotta. E, come fa con gli altri personaggi che ama, indossa i costumi di scena anche fuori del palcoscenico. Eleonora vuole essere Nora.
Le donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre m’ingegno di farle capire a quelli che m’ascoltano, sono esse che hanno finito per confortare me.

Devono passare tre anni prima che anche la Francia della Terza Repubblica, agitata dall’affare Dreyfus, abbia la propria Nora. Il direttore dell’Odéon ottiene i diritti per mettere in scena il dramma di Ibsen già nel 1889, ma la prima c’è solo venerdì 20 aprile 1894 al Théâtre de Vaudeville, sul boulevard des Capucines. È Réjane a interpretare Nora. Il pubblico parigino fa la fila per assistere allo spettacolo. Ibsen tiene molto a questo debutto e all’indomani della prima invia all’attrice un telegramma entusiasta: “Il mio sogno si è avverato, Réjane ha creato Nora in Paris”. E serve appunto questa edizione di Casa di bambola affinché il suo teatro sia finalmente apprezzato anche nella capitale francese.
Gabrielle-Charlotte Reju, conosciuta con il nome d’arte Réjane, nata nel 1856 nella capitale francese, durante la sua carriera deve accettare di essere la seconda dopo la grande Sarah Bernhardt. Anche se Marcel Proust non è affatto d’accordo: infatti secondo lui Sarah può interpretare solo alcune parti, “Réjane, invece, può interpretare qualunque ruolo, dalla tragedia al boulevard. Lei supera l’attrice; lei ha la qualità dell’artista”. Ed effettivamente la grande capacità di Réjane è quella di passare dalla tragedia alla commedia, dai drammi di Ibsen al varietà. Il ruolo che l’ha resa celebre è quello di Catherine, la schietta lavandaia che diventa una duchessa nella commedia Madame Sans-Gêne di Victorien Sardou ed Èmile Moreau, un personaggio che ha interpretato al debutto nel 1893 e replicato in anni successivi, anche al cinema. È amatissima. Quando muore, nel 1920, Le Figaro scrive: “Silenzio. Noi perdiamo l’anima di Parigi”.

Negli ultimi anni dell’Ottocento e nei primi del nuovo secolo Casa di bambola diventa finalmente un titolo apprezzato non solo dagli estimatori di Ibsen. Venerdì 30 maggio 1902 al Manhattan Theatre - che oggi non esiste più - va in scena una nuova edizione del dramma. E questa volta il pubblico di Broadway è entusiasta, grazia anche all’interpretazione di Minnie Maddern Fiske.
Anche lei, nata nel 1865 a New Orleans, è figlia di una famiglia di artisti e comincia a calcare le scene da bambina: a tre anni è il Duca di York nel Riccardo III. In pochi anni diventa una delle attrici più importanti della scena americana. È un’ottima interprete shakespeariana, anche se predilige le opere moderne: ottiene un grande successo alla fine del secolo come protagonista nella produzione originale di Becky Sharp, una commedia tratta da La fiera delle vanità. Minnie, conosciuta anche solo come Mrs. Fiske non si limita a recitare, ha una propria compagnia, scrive opere teatrali e le dirige. Porta negli Stati Uniti uno stile nuovo nella recitazione, che ha visto in Europa, e riesce a far amare al pubblico i drammi di Ibsen, che diventa in breve il suo autore preferito. In un intervista al New York Times dice: “Ibsen interessa l’attore perché per capire bene un ruolo bisogna studiare il personaggio fin dalla prima infanzia. La maggior parte degli uomini e delle donne d Ibsen ha vissuto la propria vita prima che si alzi il sipario”. Negli anni Dieci si dedica con grande energia a combattere contro il Theatrical Syndacate, che, controllando i maggiori teatri del paese e le agenzie di vendita dei biglietti, impone la scelta sia delle opere da rappresentare sia di chi le deve interpretare. Minnie si batte per la libertà artistica e per questo il trust fa in modo che non possa più recitare nei grandi teatri di Broadway. Ma lei non si perde d’animo, allestisce i suoi spettacoli in chiese, piste da pattinaggio, locali da ballo, porta il teatro in luoghi insoliti. Nonostante sia la più famosa attrice americana del suo tempo, muore in miseria, proprio per avere sostenuto questa battaglia.

Ormai la fama dell’opera di Ibsen non conosce confini. Venerdì 22 settembre 1911 Casa di bambola viene rappresentato per la prima volta in Giappone. Nora è Sumako Matsui.
È nata a Nagano nel 1886, la sua famiglia le impone un matrimonio combinato, ma lei, dopo un anno, divorzia e si dedica al teatro. Fonda una propria compagnia insieme al regista Hōgetsu Shimamura, con cui vive un’intensa storia d’amore. Diventa una celebrità in pochi anni, grazie anche alla sua interpretazione dei dramma di Ibsen e alla sua splendida voce - la sua incisione di La canzone di Katyusha vende più di ventimila copie nella prima metà degli anni Dieci. Il compagno muore a causa della spagnola nel 1918 e lei, disperata, si uccide, chiedendo nel suo testamento di essere sepolta insieme a lui. Non sono sposati e quindi le regole della società giapponese vietano che sia rispettato questo suo ultimo desiderio.

Purtroppo è andato perduto Casa di bambola, il film muto uscito nella sale domenica 12 febbraio 1922, diretto da Charles Bryant, prodotto, sceneggiato e interpretato da Alla Nazimova.
Per la giovane Alla, nata a Yalta nel 1879, il teatro è una fuga da un’infanzia infelice in cui passa da un collegio all’altro, dopo il divorzio dei suoi genitori. All’inizio del secolo è già una stella nei teatri di Mosca e San Pietroburgo, fa tournée nelle grandi capitali europee e nel 1905 si trasferisce a New York, dove fonda un teatro in lingua russa nel Lower East Side. In cinque mesi impara l’inglese e l’anno successivo debutta a Broadway in Hedda Gabler. Per Dorothy Parker nessuna come lei ha saputo interpretare questo personaggio. In pochi anni diventa una star, tanto che le viene intitolato un teatro. Nel 1916 debutta al cinema, ma non le basta essere una delle attrici più pagate di Hollywood. Crea la Nazimova Productions, dirige, si occupa del montaggio, disegna costumi e scenografie. I suoi film segnano una svolta per l’industria cinematografica americana. Casa di bambola - in cui vuole per il ruolo del marito il giovane Alan Hale, di cui abbiamo raccontato qui la storia - è un successo, ma Salomé dell’anno successivo si rivela un disastro dal punto di vista finanziario. Il pubblico non riesce ad apprezzare la spregiudicatezza delle sue scelte artistiche e naturalmente pesano su di lei i pregiudizi a causa della sua omosessualità. I racconti su quello che avviene nella sua villa sul Sunset Boulevard, “The Garden of Alla”, accendono la morbosità delle cronache mondane degli anni Venti. L’attrice ospita e fa recitare colleghe la cui fama di essere omossessuali le rende difficile lavorare e Hollywood non le perdona di essere una donna, forte e indipendente, di essere una donna che vuole fare cinema in un mondo di maschi.

Naturalmente ci sarebbero stati tanti modi per raccontarvi Casa di bambola. Però mi è sembrato giusto farlo attraverso le storie di queste dieci grandi attrici, di queste donne che, anche grazie al personaggio di Nora, hanno fatto la storia del teatro e della cultura tra le fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
Naturalmente tante altre hanno interpretato negli anni successivi questo splendido personaggio, perché Casa di bambola è un classico e, come succede ai veri classici, riesce a raccontare sempre qualcosa del tempo in cui viene rappresentato. Emma Gramatica - qui un suo ritratto - Julie Harris, Claire Bloom, Jane Fonda, Ottavia Piccolo, Niki Karimi, Gillian Anderson sono state grandi interpreti di Nora. E non credo che sia un caso che siano donne che si sono affermate non solo per la loro bravura a recitare, ma anche per il loro impegno, per la loro passione civile.
Come Jessica Chastain, attiva nel movimento che chiede sostegno per le donne vittime di abusi e molestie sessuali sui luoghi di lavoro. Proprio in questi giorni è Nora all’Hudson Theatre, sulla 44esima Strada. E naturalmente non sarà l’ultima, perché Nora accompagnerà sempre il cammino delle donne e, se vogliamo, anche di noi uomini, che possiamo cambiare grazie a lei.

Perché Nora ci accompagnerà sempre.
Credo di essere prima di tutto una creatura umana, come te… o meglio, voglio diventarlo. So che il mondo darà ragione a te, Torvald, e che anche sui libri sta scritto qualcosa di simile. Ma quel che dice il mondo e qual che c’è scritto sui libri non può essermi di norma. Debbo riflettere col mio cervello per rendermi chiaramente conto di tutte le cose.

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