martedì 16 novembre 2010

Considerazioni libere (177): a proposito di rassegnazione...

Da qualche giorno sono stato costretto a rendere meno frequenti gli aggiornamenti di questo mio blog, in particolare ho scritto meno "considerazioni". Nulla di male o di irreparabile: non è necessario intervenire sempre e su tutto. Tra i tanti problemi di questo paese c'è anche la generale incapacità di stare in silenzio quando si dovrebbe.
Dal momento che devo dedicare la maggior parte del mio tempo ad altre cose, faccio fatica a leggere notizie e approfondimenti riguardanti altri paesi, in particolare l'Africa e i paesi più poveri del mondo. La lettura regolare di un quotidiano e gli aggiornamenti sulle principali testate online italiane non sono affatto sufficienti ad avere un'informazione esauriente, che spazi al di là dell'orto di casa: segno inequivocabile di un certo provincialismo italiano, ma anche del tentativo, almeno in Italia riuscito, di non dare voce alle storie della grande maggioranza delle donne e degli uomini che vivono in questo nostro pianeta.
Per passare dal global al local, di quello che capita a Bologna non ho proprio voglia di parlare: il Pd bolognese, impiccatosi alla corda delle primarie, sta dimenando scompostamente le gambe. Anche di quello che avviene in Italia c'è ormai poco da dire e da scrivere, visto che in sostanza da settimane non sta succedendo niente. Almeno dalla scorsa estate, il tentativo di Fini di assumere la leadership del centrodestra italiano e la conseguente strenua resistenza di Berlusconi paralizzano di fatto la vita politica italiana.
Le italiane e gli italiani assistono passivamente a questo spettacolo. Ci sono - è vero - quelli che sono fieramente schierati, ossia quelli che urlano contro il tiranno e quelli che accusano il colpo di mano dei traditori, poi ci sono quelli che tentano di usare toni più civili, chi immagina una destra diversa e chi si arrovella nelle discussioni sulle prospettive della sinistra, ma mi sembra che tutti questi, pur presi complessivamente, siano sempre più una minoranza rispetto agli italiani che guardano con distacco e rassegnazione al declino del nostro paese. Nella mia penultima "considerazione" - che vi invito a leggere, se non l'avete fatto - ho parlato delle due Italie che convivono, senza parlarsi, nel nostro paese, ciascuna convinta di essere migliore dell'altra. In ognuna delle due Italie c'è questa ulteriore divisione: gli attivi e gli rassegnati, chiamiamoli così, per convenzione. I rassegnati sono, da entrambi le parti, la maggioranza.
Sono - siamo, perché sempre più io mi colloco tra questi - rassegnati di fronte alla progressiva, inesorabile distruzione di Pompei, rassegnati di fronte a un territorio che è sempre più fragile e di cui abbiamo paura, non appena ci sono due giorni consecutivi di pioggia, rassegnati di fronte alla facilonerie, alle incompetenze, alle persone che non sanno fare il loro mestiere, perfino rassegnati ai reati, visto che i più terribili delitti familiari, il cui aumento dovrebbe allarmarci e interrogarci su cosa c'è alla base della nostra società, diventano invece argomento dei varietà televisivi.
C'è chi si sta approfittando di questa situazione, della stanchezza cronica in cui vive il nostro paese, se ne approfittano i furbi, i delinquenti, i mafiosi di ogni risma, che hanno capito che per loro si è aperto un varco enorme, che sarà sempre più difficile da richiudere.

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