In queste ultime settimane è apparsa su quotidiani e riviste a tiratura nazionale la pubblicità di una delle più importanti cooperative di Bologna, un'azienda di 16mila dipendenti che opera nel campo della manutenzione e della pulizia, quello che ora si chiama facility management. Lo slogan è efficace e piuttosto semplice: "La miglior manutenzione è quella che non si fa notare". Anche le immagini sono immediate. Io ne ho viste due - non so se ce sono altre - nella prima c'è un giardiniere impegnato a tagliare una siepe in un parco pubblico, mentre nella seconda un'inserviente è impegnata a pulire il corridoio di un ospedale, portando una di quelle macchine industriali che si usano appunto per gli interventi di pulizia e sanificazione nei grandi spazi. In entrambe le foto l'effetto grafico è quello di far "scomparire" le due persone e i relativi macchinari, lasciando riconoscibili soltanto i contorni; le due persone diventano trasparenti, come il Mr. Cellophane di una celebre canzone del musical Chicago. Immagino che l'intenzione degli ideatori della campagna e soprattutto dei dirigenti della cooperativa non fosse quella di "nascondere" le persone che fanno quei lavori - anzi so di tante importanti iniziative promosse da quella realtà cooperativa a favore dei propri soci e dipendenti, molti dei quali stranieri - eppure devo dire che questa campagna mi ha fatto riflettere.
Quanti sono i lavoratori "invisibili" che ogni giorno incontriamo? Sono molti, moltissimi. Facendo il pendolare e alzandomi molto presto la mattina, ne incontro diversi. Ci sono quelli che puliscono la stazione, c'è quello che porta con il furgone i giornali all'edicola, c'è quello che inforna le brioches al bar prima che apra. Molti di loro sono stranieri. Se ci pensate molti ne incontrate anche voi, tutti i giorni.
E quanti sono i nostri "colleghi invisibili"? Sono meno, ma alcuni ci sono. Alcuni giorni della settimana, mentre esco dal municipio, alla fine del mio turno di lavoro, incontro una persona che sta per cominciare il suo turno di lavoro, la signora che pulisce i nostri uffici. Non so quali siano i suoi orari, probabilmente ci sono giorni in cui entra più tardi, perché non la incontro, non so a che ora smette, non so quale sia il suo stipendio. Non so neppure se pulisca solo gli uffici comunali o sia impegnata anche da altre parti. Praticamente di tutte le altre persone che lavorano in municipio, anche quelli che lavorano nelle altre sedi, conosco gli orari, di alcuni conosco il livello e quindi più o meno conosco lo stipendio. Con tutti gli altri mi considero collega e credo che gli altri mi considerino tale - seppur assunto da pochi mesi - lavoriamo nello stesso ente, abbiamo gli stessi problemi, se è il caso ci riuniamo in assemblea e protestiamo insieme. La signora delle pulizie - non so come si chiama, mentre conosco più o meno i nomi di tutti gli altri colleghi - lavora con noi, lavora per noi e per i cittadini, è a tutti gli effetti una nostra collega di lavoro, eppure c'è qualcosa che la rende "invisibile". Immagino sia assunta da una qualche cooperativa o comunque da un'azienda che ha vinto l'appalto per le pulizie negli uffici comunali, immagino anche che sia in regola, perché sicuramente tra le clausole imposte in sede di gara d'appalto c'è quella di avere tutto il personale in regola dal punto di vista contrattutale, retributivo e contributivo; eppure i problemi di questa "collega invisibile" continuano a rimanermi oscuri, ma immagino ne abbia. Immagino che anche lei, come noi, abbia dovuto subire i tagli alle spese del Comune, penso che in meno ore debba pulire gli stessi metri quadri di uffici: gli effetti del "patto di stabilità" sono gli stessi per noi e per lei, eppure lei non ha partecipato alla nostra assemblea, immagino che non abbia fatto sciopero. In questi sei mesi è cambiata la "collega" che fa le pulizie, non so per quale ragione, probabilmente una rotazione. Entrambe sono donne di origine straniera. Credo che se ci riflettete un minuto anche a voi venga in mente di avere un qualche "collega invisibile".
Potenza della pubblicità, che fa fare queste digressioni.
Mi pare che si apra un ampio campo di riflessioni se continuiamo ad avventurarci in questa direzione. C'è il tema della divisione e della parcellizzazione del mondo del lavoro, della sua de-specializzazione. Nell'inverno dello scorso anno, quando io e mia moglie, insieme a molti altri lavoratori, siamo rimasti coinvolti nella vicenda Omega-Eutelia-Phonemedia - una serie di aziende, tra cui diversi call center in tutta Italia, fatte fallire deliberatamente dai loro proprietari - abbiamo deciso di manifestare nelle piazze coprendoci il volto con delle maschere bianche, neutre, tutte uguali, per denunciare anche in quel caso la nostra "invisibilità" di lavoratori precari davanti alla crisi e soprattutto in un mercato del lavoro sempre più senza regole. C'è la questione delle lavoratrici e dei lavoratori stranieri: donne e uomini che sfuggono alle statistiche, alle rilevazioni e quindi anche alle analisi. Conosciamo pochissimo dei consumi e dei circuiti dei cittadini extracomunitari che vivono in Italia e che si sono relativamente stabilizzati; li incontriamo spesso negli hard discount, nei bar delle periferie, muovono un mercato i cui contorni sono quasi sempre fuori dalle indagini economiche.
Su questo tema, credo ci sia grande spazio per l'iniziativa politica della sinistra e anche per l'azione del sindacato. Gli "invisibili" hanno bisogno di essere rappresentati, ci devono essere soggetti che difendano i loro diritti, che li tutelino nel mercato del lavoro. Tutti noi abbiamo il compito, apparentemente più semplice, ma non meno importante, di farli essere un po' meno "invisibili".
Nessun commento:
Posta un commento