19 dicembre 1929
Carissimo Carlo,
ho ricevuto la lettera del 4 dicembre
della mamma e la tua del 13. Ti ringrazio per la sollecitudine con
cui hai eseguito le mie commissioni. Tra gli oggetti di vestiario che
avevo a Roma non ti fu consegnato anche un soprabito? Mi pare che
fosse ancora passabile, se anche non più di primo pelo. Voglio
parlare di un soprabito da inverno, perché un altro, di gabardine,
era ormai diventato uno straccio. Ma forse l'hai ricevuto e ti sei
dimenticato di scrivermene. – Delle due paia di scarpe non ricordo
piú: credo però che debbano essere molto malandate e ormai
inservibili. – Naturalmente ti prego di non mettere piú in testa a
mammà che possa fare un viaggio fino a Turi: solo il pensiero di una
simile eventualità mi spaventa. Mi pare che ella già abusi troppo
della sua fibbra eccezionale lavorando cosí accanitamente alla sua
età: avrebbe ormai diritto alla pensione, se esistessero pensioni
per le madri di famiglia. Penso che il primo contatto col carcere
abbia fatto persino una gravissima impressione a te: immagina quale
impressione farebbe a lei. Non si tratta tanto del lungo viaggio, con
tutti i suoi disagi, per una donna anziana che non ha mai fatto piú
di 40 km. in ferrovia e non ha attraversato il mare (forse il viaggio
in sé la divertirebbe): si tratta di un tale viaggio fatto per
visitare un figlio in carcere. Mi pare che occorra evitarlo a tutti i
costi. – Che cosa le hai poi raccontato? Spero che non abbia
esagerato in nessun senso: del resto tu stesso hai visto che io non
sono né abbattuto, né scoraggiato, né depresso.
Il mio stato d'animo è tale che se
anche fossi condannato a morte, continuerei a essere tranquillo e
anche la sera prima dell'esecuzione magari studierei una lezione di
lingua cinese. La tua lettera e ciò che mi scrivi di Nannaro mi
hanno interessato molto, ma anche maravigliato. Voi due avete fatto
la guerra: specialmente Nannaro ha fatto la guerra in condizioni
eccezionali, da minatore, sotto terra, sentendo attraverso il
diaframma che separava la sua galleria dalla galleria austriaca il
lavoro del nemico per affrettare lo scoppio della mina propria e
mandarlo per aria. Mi pare che in tali condizioni, prolungate per
anni, con tali esperienze psicologiche, l'uomo dovrebbe aver
raggiunto il grado massimo di serenità stoica, e aver acquistato una
tale convinzione profonda che l'uomo ha in se stesso la sorgente
delle proprie forze morali, che tutto dipende da lui, dalla sua
energia, dalla sua volontà, dalla ferrea coerenza dei fini che si
propone e dei mezzi che esplica per attuarli – da non disperare mai
piú e non cadere piú in quegli stati d'animo volgari e banali che
si chiamano pessimismo e ottimismo. Il mio stato d'animo sintetizza
questi due sentimenti e li supera: sono pessimista con
l'intelligenza, ma ottimista per la volontà. Penso, in ogni
circostanza, alla ipotesi peggiore, per mettere in movimento tutte le
riserve di volontà ed essere in grado di abbattere l'ostacolo. Non
mi sono fatto mai illusioni e non ho avuto mai delusioni. Mi sono
specialmente sempre armato di una pazienza illimitata, non passiva,
inerte, ma animata di perseveranza. – Certo oggi c'è una crisi
morale molto grave, ma ce ne sono state nel passato di molto più
gravi e c'è una differenza tra oggi e il passato. [...]. Perciò
sono anche un po' indulgente e ti prego di essere anche tu indulgente
con Nannaro, che, ho visto io stesso, sa anche essere forte. Solo
quando è isolato, perde la testa e si accascia. Forse gli scriverò
la prossima volta.
Caro Carlo, ti ho fatto un sermone in
piena regola. Intanto dimenticavo di raccomandarti di fare tanti
complimenti e tanti auguri a Teresina e anche a Paolo naturalmente,
per la loro nuova figlietta. Poi devo fare gli auguri generali per il
Natale e per tutte le altre feste che succederanno. Io farò il
natale alla meglio, un po' come il famoso signor Chiu, di cui ci
parlava la mamma quando eravamo bambini.
Abbraccia tutti affettuosamente e
specialmente la mamma.
tuo Antonio
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