Esausto, agg. m.
Sono rimasto colpito dalla scarsa attenzione che in questi giorni tutti noi abbiamo dedicato all'attentato di Berlino. Quasi nessuna bandiera tedesca nei social, pochissimi Ich bin ein Berliner, non ho notizia di manifestazioni. Certo noi italiani non abbiamo mai amato molto i tedeschi, neppure quando siamo stati loro alleati di ferro. Ma questo non è stato un attentato contro la Germania, è stato - ancora una volta - un attacco all'Europa, alle grandi città dell'Europa, in cui per forza di cose ci si mescola, ci si meticcia. Tra le vittime ci sono una giovane studentessa nata a Sulmona e un camionista polacco, come presumibilmente ci sono dei cittadini tedeschi nati nel vicino e nel lontano oriente, perché quelle bancarelle - a Berlino come nelle nostre città - sono gestite per lo più da persone venute qui in Europa da lontano. E' un attacco alle donne e agli uomini, quindi in qualche modo ci riguarda.
Forse non abbiamo più le parole per raccontare il nostro dolore, le abbiamo finite tutte. Non fingiamo che stavolta rispettiamo in silenzio il dolore di quei morti e di quelle famiglie, perché per cose più futili riusciamo a trovare le parole. Siamo tutti presi a insultarci tra sostenitori e detrattori della Raggi, raccogliamo firme contro Poletti: robetta da poco, se ci pensate, a confronto di quello che succede nel mondo. Forse siamo distratti dalle festività natalizie, siamo impegnati nelle cene di auguri con i colleghi e con i parenti, con persone con cui durante l'anno fatichiamo a prendere un caffè, siamo indaffarati ad acquistare regali, facciamo la fila nei centri commerciali. Non possiamo smettere di comprare: i terroristi non l'avranno vinta, non distruggeranno i valori della civiltà occidentale, non ci toglieranno le nostre carte di credito. Forse stiamo diventando dei ragionieri del dolore: calcoliamo un tot di cordoglio a persona e visto che i morti di Berlino sono meno di quelli di Parigi decidiamo di ricalcolare in questo modo il nostro dolore. Anche se in questa contabilità c'è qualcosa che non quadra, perché il maggior numero di morti li sta subendo Aleppo, li stanno subendo tante città degli "altri", eppure per quelle stragi, per quegli attentati, per quelle vittime, la nostra soglia di dolore è assai bassa.
Forse siamo esausti. In italiano questo aggettivo significa stanco, ma il suo significato etimologico è vuoto. Forse siamo semplicemente vuoti, di idee, di speranze, di voglia di lottare. Non capiamo che il nemico che getta quei camion contro la folla inerme, che spara, che piazza le bombe, non è il fanatismo o una religione o un popolo con una lingua e una cultura diversa dalla nostra, ma è una forza che ci vuole deboli e impauriti, noi e loro, noi e quelli che ci dicono sarebbero i nostri nemici, perché hanno una lingua, una cultura, una religione, diversa dalla nostra, mentre sono uguali a noi, ugualmente deboli e impauriti. Il nostro nemico è chi ci vuole, noi e loro, vuoti. E il nostro nemico sta vincendo proprio perché siamo sempre più esausti, noi e loro, perché abbiamo sempre meno parole, e meno lacrime. E meno voglia di ribellarci, noi e loro.
Nessun commento:
Posta un commento