domenica 24 giugno 2018

Verba volant (537): rumore...

Rumore, sost. m.

Quando vivevo a Bologna, conoscevo due persone che abitavano al terzo piano di un condominio praticamente di fronte a quello che i bolognesi chiamano ancora "ponte vecchio", dove passano - molto vicino alle case - i treni della linea Bologna-Firenze. Ricordo che quando andai a cena da loro trovai insopportabile il rumore - e le vibrazioni - dei frequentissimi treni che passavano da lì, ma loro si erano ormai abituati. Ovviamente sentivano come me quel rumore, sentivano che stava passando un treno, ma non ci facevano più caso.
Al nostro paese - ma credo che non capiti solo a noi - sta succedendo la stessa cosa. Viviamo ormai in mezzo al rumore delle polemiche e rischiamo di non farci più caso. Da alcune settimane ogni mattina la lettura dei giornali o dei siti di informazione o l'ascolto delle notizie alla radio è costantemente coperto dal rumore delle polemiche attorno alle dichiarazioni di Matteo Salvini.
Lo schema è sempre quello ed è piuttosto semplice: Salvini fa una dichiarazione provocatoria su un tema controverso e su quella dichiarazione si scatena una polemica, dai toni sempre più accesi. La dichiarazione di Salvini non deve anticipare una scelta di governo, anzi per lo più è slegata dalla concreta attività politica dell'esecutivo, e non deve neppure riflettere quello che il leader della Lega effettivamente pensa su quel tema, ma deve essere solamente in antitesi con quello che ci hanno insegnato che sia giusto dire.
Faccio un esempio. Soccorrere una persona in pericolo è una cosa che ci hanno insegnato che è giusto fare. Ovviamente non vuol dire che applichiamo sempre questa regola, come le altre che ci hanno insegnato. Se pensiamo che soccorrere un altro metta in pericolo noi stessi, non lo facciamo e siamo sicuri che nessuno ci rimprovererà per questa scelta. Poi decidiamo di non soccorrere qualcuno anche per molti altri motivi, perché quella persona in pericolo non ci piace, perché facciamo prevalere il nostro egoismo e la nostra indifferenza, o anche solo la nostra accidia. Comunque sia, diciamo una cosa e ne facciamo un'altra. sappiamo qual è la cosa giusta da fare, ma facciamo quella sbagliata. Poi arriva Salvini e invece ci dice di non soccorrere le persone. A questo punto, al di là del merito della questione in sé - che a Salvini non importa affatto - si innesca un processo che non siamo più in grado di fermare. Di fronte alla dichiarazione di Salvini molti si sentono in dovere di intervenire, perché quella presa di posizione è moralmente sbagliata e i toni si accendono. Poi naturalmente c'è qualcuno che, spesso per piaggeria verso il potere e altrettanto spesso per il gusto di dire una cosa fuori dal senso comune, dice che quello che ha detto Salvini è proprio vero e accusa gli altri di essere ipocriti. Poi tra quelli che criticano Salvini ci sono quelli che cercano di giustificare queste affermazioni, che provano a capirne le cause, sono i campioni del "ma...": non sono razzista, ma... E alla fine quella frase provocatoria è passata, ma non importa, perché il giorno dopo si deve cominciare con un'altra provocazione e così via. E si genera un rumore a cui mi accorgo che ci stiamo già abituando. Ho l'impressione che di fronte a queste sortite stiamo facendo come la scimmietta che che si tappa le orecchie, per difenderci dall'inquinamento acustico. Quei miei amici avevano quasi sempre le finestre chiuse, e questo attutiva il rumore, ma non rendeva certo più vivibile quella casa. E inoltre i treni continuavano a passare e a far rumore, al di là dei vetri chiusi, sempre più spessi, con i quali si difendevano.
Non sempre riusciamo a rispondere alla provocazione, perché magari dobbiamo fare altre cose, lavorare, curare la nostra famiglia, ma anche semplicemente vivere. Ma il rumore rimane in sottofondo e finisce che ci abituiamo. E pensiamo che la politica sia sostanzialmente questo urlare: perché oggi anche chi si oppone a Salvini lo fa con lo stesso tono e per lo più copiandone la volgarità. E se ci abituiamo a sentire il rumore dei treni che passano di continuo, non ci accorgeremo se uno passa fuori orario o se un altro fa un rumore strano, perché forse è danneggiato. Se ogni giorno il governo spara una dichiarazione provocatoria, a cui non fa seguire un concreto atto di governo, rischiamo di non accorgerci quando invece un qualche atto seguirà davvero. Oppure saremo così impegnati a rispondere alle frasi a effetto, da non guardare cosa stanno intanto facendo quelli di loro che intanto in silenzio lavorano.
Quelle due persone, quando ebbero una figlia, decisero di cambiare casa. Fu una scelta inevitabile, perché non volevano che una bambina vivesse in una casa dove non si potevano aprire le finestre. E' una scelta possibile. Io, se avessi vent'anni, lascerei certamente questo paese, pur consapevole che questo è uno stile che ritroviamo anche in altri paesi, ma certo in Italia viene interpretato con un livello di volgarità e ignoranza che mi pare gli altri non abbiano. Ma comunque il rumore rimane, un'altra famiglia sarà andata a vivere in quell'appartamento, perché non poteva permettersi altro. La soluzione vera è non far passare i treni da lì, magari progettando un tunnel sottoterra. Ma intanto dobbiamo fare i conti con il rumore delle polemiche. E dobbiamo decidere cosa fare.
Personalmente credo che per quanto siano pericolose le parole - e figuratevi se non ne sono consapevole io che scrivo un dizionario - lo siano di più le azioni e che quindi non dobbiamo farci distrarre. E credo anche che in mezzo a persone che urlano un modo per farsi sentire sia quello di parlare a bassa voce. E' fondamentale che non alimentiamo il rumore. Che forse ci travolgerà comunque, ma che dobbiamo continuare ad ascoltare.

Nessun commento:

Posta un commento