Igiene, sost. f.
Prassagora è stata una delle prime ad arrivare a Sigeo, quando era ancora soltanto un piccolo borgo di pescatori. Nel momento in cui ha saputo da uno dei suoi clienti quello che i re delle città greche stavano organizzando, ha deciso di rischiare il tutto per tutto. D'altra parte ormai cominciava a essere vecchia per continuare a fare quel mestiere: i clienti vogliono ragazze sempre più giovani. E se quella guerra fosse durata un po', magari un paio di anni... Prassagora aveva previsto di guadagnare abbastanza per vivere con tranquillità per il resto della sua vita senza dover più lavorare. E così ha scommesso sulla guerra: è partita da Mileto insieme a due orfane di cui nessuno voleva occuparsi, molto giovani e molto belle, è arrivata a Sigeo, ha affittato una casupola e ha aspettato l'arrivo della flotta. Prassagora sapeva che la voce si sarebbe presto sparsa per il campo greco: i soldati non tardano mai a trovare dove sono le puttane. Basta che Troia resista un paio d'anni e ce l'ho fatta.
È felice di avere sottovalutato la capacità di resistenza dei troiani. Dopo dieci anni di guerra a Sigeo nessuno si guadagna più da vivere facendo il pescatore. Ormai tutti vivono grazie alla guerra: i soldati del campo greco hanno bisogno di tutto, dalle armi alla biada per i cavalli, dal legname per riparare le navi alle primizie per le tavole dei re. E naturalmente prosperano le taverne, le bische, i teatri, i bordelli. E lei gestisce il più grande della città: ha affittato anche le case vicine, le ha sistemate, ha fatto costruire dei bagni, praticamente adesso un'intera strada della cittadina è sua. Ci lavorano trenta ragazze, le cambia ogni sei mesi, va a scegliere le più belle da tutte le città della costa. Da qualche anno ha anche una decina di ragazzi: ai signori piacciono e lei vuole accontentare tutti i suoi clienti. Arrivano anche da Troia, perché Sigeo è diventata una sorta di zona franca. Lì greci e troiani si incontrano, si parlano, e si possono anche sfidare, ma solo giocando a dadi.
Prassagora si stupisce di vedere arrivare Aristarco: lui di solito viene una volta al mese. Sempre lo stesso giorno. Anche lui è stato tra i primi ad arrivare a Sigeo. Faceva il fabbro a Corinto e ha deciso di seguire la flotta. Ha dovuto pagare una grossa tangente a Odisseo, ma da quando, dopo il terzo anno di guerra, è diventato il fornitore ufficiale dell'esercito greco, i suoi affari sono decollati e il suo laboratorio produce armi di continuo: i suoi forni non si spengono neppure di notte.
Che succede, Aristarco? Non ti aspettavo. Fillide è impegnata, ma posso trovarti un'altra ragazza.
No, sono venuto per te.
Aristarco, è stato dieci anni fa, eravamo più giovani, e più poveri, tutti e due. È stato bello, ma ci eravamo promessi che non ne avremmo più riparlato.
No... non è per quello. Voglio parlarti della peste. Sta rovinando i nostri affari. Ne ho parlato anche con gli altri della camera di commercio. Gli incassi delle taverne e delle locande sono più che dimezzati. Hanno dovuto chiudere già cinque bische. Omero, quello che fa finta di essere cieco, ha annullato tutti i suoi spettacoli. E tutte le commesse di guerra sono state dimezzate. Io ho dovuto licenziare cinque operai. Pensa che è due notti che ho fermato la produzione. Gli unici che fanno affari sono quelli che vendono pozioni per guarire la peste, ma quando i clienti si accorgeranno che li stanno truffando...
Si faranno truffare da qualcun altro.
Sì, ma intanto cosa possiamo fare?
Lo so, anche per me le cose stanno andando male. Oggi ho prenotazioni solo per cinque ragazze. E tre sono morte per la peste. Devo essere cauta a prendere i clienti. Non posso rischiare che si ammalino tutte.
Sai che i capi greci stiano prendendo provvedimenti? Tu sei sempre ben informata di quello che avviene nelle loro tende.
A quello che mi hanno riferito nell'ultima assemblea dei re hanno convocato Calcante e quel vecchio imbroglione ha detto che la pestilenza è causata da Apollo, adirato contro Agamennone perché si rifiuta di liberare una sua schiava, una tal Criseide. Sembra che suo padre sia sacerdote di quel dio. Naturalmente Agamennone si è infuriato, ma per ora non ha fatto nulla. Vuole prima capire chi degli altri re abbia pagato Calcante per fare quella profezia. Sospetta sia stato Achille, che vuole prendere il suo posto alle testa alla spedizione. E comunque a loro la spiegazione di Calcante fa comodo. Non vogliono sentirsi dire che è un problema igienico: se avessero fatto costruire delle fogne, se avessero portato dell'acqua pulita al campo, magari costruendo un canale deviando il corso dello Scamandro, non sarebbe scoppiata la peste. Non hanno organizzato neppure un sistema per portare via i rifiuti: ormai sono una collina che sovrasta le tende. Pensa in dieci anni quanti ne hanno prodotti.
Sì, ma noi intanto che facciamo? I soldati stanno morendo come mosche. Hanno di fatto sospeso la guerra: nessuna tregua è mai durata tanti giorni. Non hanno neppure acquistato le armi che mi avevano già ordinato. Ho provato a venderle a un prezzo ribassato a Troia, ma Enea mi ha risposto che non ne hanno bisogno. Immagino che prenda grosse mazzette dai loro fabbri.
Tu paghi ancora Odisseo?
Certo, ha una percentuale su ogni fornitura. Perché? Lo sto pagando poco?
Forse gli hai dato troppi soldi. Un vecchio amico mi ha detto che sicuramente c'è lui dietro la profezia di Calcante. Se Agamennone sarà sfiduciato, la guida della spedizione toccherà o ad Achille o ad Odisseo. Il primo vuole continuare la guerra, ma il secondo vuole tornare, sembra che ci siano problemi nella sua isoletta e comunque ormai ha già tanto denaro che non gli serve conquistare il tesoro di Priamo. La maggioranza dei re sembra sia con lui. Dieci anni sono tanti. E un amico troiano mi ha detto che anche Ettore è disposto a trattare. Troveranno un accordo per gestire la rotta dello stretto. Restituiranno perfino a Menelao quella poveretta di Elena.
Non può finire la guerra. E tutti noi che faremo?
Forse abbiamo guadagnato abbastanza. Potremmo ritirarci. Abbiamo abbastanza oro per vivere felici. Pensaci: potremmo invecchiare insieme in qualche isoletta dell'Egeo.
Altrimenti?
Capisco. Non sono più quella di dieci anni fa. Allora avevi detto che alla fine ci saremmo ritirati. Insieme. Altrimenti, caro Aristarco, potreste fare voi, a spese vostre, quello che i re greci non vogliono fare: pulite il campo acheo, costruite un canale per portare l'acqua dello Scamandro, fate finalmente un sistema di fogne. Poi convincete Agamennone a ridare quella ragazzetta a suo padre. Sono sicura che troverete gli argomenti per farlo. Così, placato il dio, passerà la peste e voi potrete continuare in santa pace i vostri traffici.
Anche tu continuerai a lavorare?
Sì, non ti preoccupare. Il più bel bordello di Sigeo non chiuderà. Almeno finché non cadrà Troia. E credo non succederà tanto presto: forse, caro amico, moriremo qui.
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