martedì 4 luglio 2023

Verba volant (840): sbuffo...

Sbuffo
, sost. m.

È l’una di notte del 15 settembre 1954. All’angolo tra Lexington Avenue e la 52esima Strada c’è molta confusione, insolita anche per la città che non dorme mai.
Adesso in quell’isolato, che arriva fino a Park Avenue, c’è un grattacielo di quarantaquattro piani - per lo più uffici di prestigiose società finanziarie e ricchi studi legali - costruito alla fine degli anni Sessanta, dopo che è stato demolito lo storico Hotel Ambassador. In particolare su quell’angolo - dove adesso c’è la steak-house Le Relais de Venice, la sede di New York di un famoso ristorante di Parigi - c’erano il Trans-Lux Theater, un negozio di liquori e una gioielleria.
Quella sera in quel cinema è in programma Il mostro della laguna nera, uno dei grandi successi cinematografici dell’anno, con la splendida Julie Adams - di questo però vi parlerò in un’altra delle mie noterelle. Ma non è per questo motivo che si è accalcata tutta quella folla. Stanno girando la scena del nuovo film di Billy Wilder con Marilyn Monroe. L’idea è venuta al fotografo Sam Shaw.

Sam è nato a New York nel 1912, ma si è trasferito presto a Hollywood. È un fotografo di grande talento, l’autore di celebri ritratti delle star del cinema della Golden Age, capace di cogliere la spontaneità anche in quelle pose così studiate. Ha conosciuto Marilyn sul set di Viva Zapata! che lei frequenta perché il regista è Elia Kazan e sono diventati subito amici. Lei, nei giorni in cui non lavora su qualche set, accetta di portare Sam in giro in auto, visto che il fotografo non guida. Quel lavoretto le serve per pagare l’affitto e in più diventa uno dei soggetti preferiti del geniale fotografo, capace di renderla ancora più bella di quanto già sia. Sam segue Marilyn in tutta la sua carriera, anche quando diventa una star e non ha certo il problema di trovare i soldi per l’affitto. È lui a convincere Arthur Miller a trasformare in una sceneggiatura il suo racconto Gli spostati.
Per Quando la moglie è in vacanza Sam suggerisce a Billy Wilder di girare una scena in cui, per trovare sollievo dal caldo di quell’estate in città, la Ragazza - come si chiama il personaggio interpretato da Marilyn - si ferma sulla grata di aereazione della metropolitana e quello sbuffo d’aria fresca le alza la gonna. Probabilmente si è ricordato di quando lavorava a Coney Island: in una delle grandi giostre c’erano dei buchi da cui i clown, quando salivano delle belle ragazze, azionavano un congegno che buttava fuori un getto di aria compressa, per fare alzare le gonne e mostrare le gambe di quelle giovani bellezze newyorchesi, che Sam prontamente fotografava.
A Billy Wilder l’idea piace molto. Da appassionato di cinema si è probabilmente ricordato di un curioso cortometraggio del 1901 intitolato What Happened on Twenty-third Street, New York City, in cui lo sbuffo d’aria della metropolitana solleva la pesante gonna di una donna che passeggia per la città, facendola molto divertire. Nella commedia di George Axelrod ovviamente quella scena non c’è, ma Billy capisce che funziona e così viene inserita nella sceneggiatura. Siamo nella seconda parte del film: Richard ha trovato il coraggio di invitare la Ragazza al cinema, anche perché lì c’è l’aria condizionata. Usciti dalla sala, la Ragazza cerca di rinfrescarsi su quella grata, aspettando che passi la metropolitana - naturalmente là sotto c’è un tecnico che, agli ordini di Wilder, aziona un grande ventilatore, uno dei tecnici più invidiati nella storia del cinema. Ogni sbuffo d’aria suscita l’ammirazione del povero Richard, lasciato dalla moglie in città, in balia di tante tentazioni. Ci scappano anche due baci: per testare la bontà del dentifricio Brillident che la Ragazza pubblicizza. Passeranno la notte insieme - nell’appartamento dell’uomo c’è l’aria condizionata - ma tra loro non succederà nulla. Solo il Codice Hays poteva costringere un americano medio a resistere a Marilyn Monroe. Nella commedia sappiamo che invece non resiste e quel tradimento estivo viene effettivamente consumato.

A dire la verità potrebbero girare quella scena anche negli studi della 20th Century Fox su Pico Boulevard, ma i press-agent decidono di farne un veicolo pubblicitario del film. E così si organizza quella notte di riprese a Manhattan, comunicandolo alle agenzie di stampa. E naturalmente sono tanti i curiosi che vogliono vedere da vicino Marilyn, l’attrice che ha fatto impazzire il pubblico in Gli uomini preferiscono le bionde e Come sposare un milionario. Wilder chiede di girare la scena ben quattordici volte, un po’ per la confusione che fanno tutti quelli che stanno lì intorno - ogni volta che la gonna si alza un urlo sale dalla folla - ma soprattutto a beneficio dei tanti fotografi che non vogliono perdere il fugace momento in cui la gonna dell’abito bianco creato da William Travilla si alza, lasciando scoperte le bellissime gambe di Marilyn. Qualcuno maligna che il costumista si sia limitato a comprare quel vestito, trovandolo perfetto per la sua attrice. Ovviamente Travilla ha sempre negato, pur considerandolo un “vestitino”, una cosuccia disegnata in pochi minuti.
Solo Marilyn riesce a essere così sfacciatamente candida in quella scena di seduzione. È davvero irresistibile. Da questo momento la sua stella brillerà come nessun’altra nel cielo di Hollywood - grazie anche al grande Billy Wilder che la dirige quattro anni dopo in A qualcuno piace caldo - una stella però destinata a spegnersi così rapidamente come si è accesa.
La scena sarà girata nuovamente negli studi di Hollywood. Ovviamente la conoscete tutti, anche se nel film non si vede, o meglio non si vede quello che voi ricordate. C’è l’immagine delle gambe di Marilyn scoperte dall’aria e poi lo stacco sullo sguardo di Tom Ewell. E anche lui è perfetto: sembra davvero che siano le prime gambe che abbia mai visto. Questo è il materiale girato in studio. Invece voi ricordate la splendida Marilyn a figura intera con la gonna svolazzante, inutilmente trattenuta dalle mani della ragazza che ci sorride, innocente e maliziosa, consapevole di essere l’oggetto del desiderio di tutti quegli uomini, conscia che stanno mettendo in mostra la sua bellezza e il suo corpo per vendere un film, ci sembra a un tempo felice e spaventata. Quella che ricordate è la foto di Sam Shaw. Poi ce ne sono altre, tante altre, perché quella notte a fotografare Marilyn ci sono George Zimbel, Garry Winograd, Elliot Erwitt, Geoge Barris, artisti che hanno fatto la storia della fotografia e che hanno fatto o faranno splendidi ritratti di Marilyn. Ma solo al suo amico Sam lei regala quel sorriso che è entrato nella storia, perché quella foto è diventata una delle immagini simbolo del Novecento.
Non c’è Ed Feingersh, che però nel 1955 scatta alcune splendide foto di Marilyn all’interno della Grand Central Station e a bordo di un vagone della metropolitana durante un celebre servizio fotografico per Redbook, in cui deve raccontare una giornata dell’attrice.
Tra le persone che quella notte sono a quell’angolo di Lexington Avenue c’è anche Joe DiMaggio, da pochi mesi marito di Marilyn. Joe si infuria di fronte a quegli uomini che guardano Marilyn, che urlano quando vedono le sue gambe, trova quello spettacolo indecoroso o forse realizza per la prima volta che Marilyn non sarà mai “sua”. E certo soffre di non essere più la star. Furibondo lascia il set e quella notte i clienti del St. Regis sentono le urla del loro litigio. La mattina successiva i truccatori faranno fatica a nascondere i segni lasciati da Joe. Il matrimonio finirà pochi mesi dopo. Tanti altri vorranno possedere Marilyn, che però, anche grazie a quelle foto che fanno il giro del mondo, è ormai diventata una leggenda. E nessuno può imprigionare una leggenda.

Prima di quel fugace, seppur peccaminoso, sbuffo d’aria, la Ragazza commenta con Richard il film che hanno appena visto e, stupendo il suo accompagnatore, lei difende il mostro.
Faceva paura a guardarlo, però in fondo non era cattivo. Forse cercava solo un po’ d’affetto, di sentirsi amato, desiderato, coccolato.
Forse in una calda notte d’estate di dieci dopo, Norma Jean si è ricordata di questa battuta. Anche Marilyn era un monstrum, un prodigio, che chiedeva solo di essere amato.

Nessun commento:

Posta un commento