
Si sta
come d'autunno
sugli alberi
le foglie.
La schiavitù in Mauritania è esercitata dal gruppo che detiene il potere. Ci sono diverse forme di schiavitù: quella domestica, cioè legata al lavoro non retribuito, la schiavitù dei minori, che oltre ad essere costretti a separarsi dal nucleo familiare d'origine, vengono violati sessualmente, maltrattati sin dalla nascita, abusati e utilizzati come schiavi per discendenza, essendo figli di schiavi. Il governo mantiene questa pratica per restare al potere, per esercitare il controllo sulle vittime della schiavitù. La ragione di questa situazione paradossale in Mauritania deriva dal fatto che lo stato e la società sono dominati da un gruppo etnico, gli arabo-berberi, nomadi, che hanno basato il loro sistema interno proprio sullo schiavismo e sulla sottomissione delle popolazioni negroidi nello stesso loro paese. Questo gruppo minoritario occupa i ranghi più alti, i quadri dirigenti nel paese, quindi è quello che decide dell'applicabilità e del rispetto delle norme. La situazione degli schiavi è anche più grave di quella del passato, visto che i moderni schiavi sono apparentemente liberi; ogni giorno essi vengono discriminati, umiliati, castrati nei loro diritti di esseri umani, pur rappresentando circa un milione duecento mila persone. La maggioranza della popolazione vive in questa condizione e anche io l'ho vissuta. Vogliono obbligarci al silenzio e se parliamo siamo vessati e perseguitati. Una minoranza che si ribella è costretta a vivere nell'indigenza. La gente ha paura di denunciare perché ha paura della povertà, poiché chi parla perde ogni diritto a lavorare, sia nel settore pubblico che in quello privato. Anche quando sono stato in Francia e Svizzera per parlare a una conferenza, hanno mandato qualcuno a minacciarmi.
Perché sei in Europa?
Sono stato al Forum delle minoranze a Ginevra per parlare della situazione in Mauritania e la notizia di questo intervento è arrivata anche nel mio paese, dove in molti hanno chiesto pubblicamente il mio arresto per questo. Hanno addirittura detto che se il presidente non si fosse occupato di me avrebbero potuto ucciderlo. In quel momento la sezione francese di Amnesty International ha scritto al governo mauritano e all'Onu per difendermi. Domani però rientrerò ugualmente in Mauritania perché la nostra lotta è lì, non in esilio. Loro vorrebbero che io rimanessi fuori dal paese ma io tornerò. Voglio solo che gli amici di Amnesty International sappiano quanto è pericoloso per me. Se ti impegni nella lotta contro la schiavitù perdi anche quel poco che hai, per questo gli attivisti non sono molti. Non temo un arresto pubblico, ma un atto mafioso sotterraneo che il governo può organizzare in segreto.
Ma c'è una legge che criminalizzi la schiavitù?
Nel 2007 abbiamo ottenuto, per la prima volta nella storia della Mauritania, l'introduzione di una legge che criminalizza la schiavitù. Dopo di che abbiamo presentato un numero enorme di denunce di lavoro forzato, violenza sessuale, tratta di bambini ridotti in schiavitù, separazioni familiari coatte, ma siamo stati ignorati. I giudici sono arabi berberi e si sono rifiutati di applicare la legge.
Come è stato possibile far passare questa legge?
Sulla carta c'era un governo democratico, insediatosi dopo le prime elezioni democratiche ad aprile 2007 e i deputati hanno votato la legge, ma poi ad agosto 2008 c'è stato un colpo di stato militare. La legge non è mai stata applicata. È passata solo per ragioni di facciata, ma di fatto non serve a niente. Ho incontrato a Ginevra la rappresentante dell'Onu sul tema della schiavitù ed è venuta anche in Mauritania, dove l'ho fatta parlare direttamente con le vittime. Ha fatto anche incontri con i rappresentanti del governo e loro le hanno detto che quelle denunce erano false. Lei ha tenuto una conferenza stampa per denunciare il fenomeno gravissimo della schiavitù nel paese, che colpisce la maggioranza della popolazione e a marzo uscirà un rapporto Onu su questo. Quando la rappresentante ha lasciato la Mauritania sono stato ancora più messo sotto pressione. Stanno addirittura cercando di screditarmi, accusandomi pubblicamente di aver corrotto la rappresentate dell'Onu.
Quali sono i paesi che potrebbero contrastare questo rapporto?
Tutti i paesi arabi saranno dalla parte del governo, come ad esempio la Libia, ma purtroppo non solo: anche l'Europa sta appoggiando il governo della Mauritania. In particolare la Francia e la Spagna, che hanno molti rapporti economici con il paese. Inoltre c'è una strumentalizzazione, poiché la Mauritania può essere d'aiuto per affrontare i problemi del terrorismo e dell'immigrazione. Invece gli Usa appoggiano le nostre denunce, in mezzo al silenzio dell'Europa.
Cosa chiedi ad Amnesty International?
Vorrei avere protezione ed essere aiutato ad aumentare l'informazione e la sensibilizzazione sul problema della schiavitù. A marzo 2010 uscirà questo rapporto dell'Onu ed è importante che Amnesty International si attivi per sostenerlo. Serve una mobilitazione di tutte le Organizzazione non governative perché le raccomandazioni contenute in quel rapporto siano note e vengano applicate.
Ho sentito questa storia da Auggie Wren. Siccome Auggie non ne viene fuori molto bene, almeno non bene come egli avrebbe voluto, mi ha chiesto di non usare il suo nome vero. A parte questo, tutti i fatti sul portafoglio smarrito, sulla donna cieca e sulla cena di Natale sono come lui me li ha raccontati.
Penso e ripenso: - Che mai pensa l'ocaLa pena di morte di morte non serve a diminuire i delitti di sangue. Ma se si riuscisse a dimostrare che li previene? Ecco allora che l'abolizionista deve fare ricorso a un'altra istanza, a un argomento di carattere morale, a un principio posto come assolutamente indiscutibile (un vero e proprio postulato etico). E questo argomento non può esser desunto che dall'imperativo morale: non uccidere, da accogliersi come un principio che ha valore assoluto. Ma come? Si potrebbe ribattere: l'individuo singolo ha diritto di uccidere per legittima difesa e la collettività no? Rispondo: la collettività non ha questo diritto perché la legittima difesa nasce e si giustifica soltanto come risposta immediata in istato di impossibilità di fare altrimenti; la risposta della collettività è mediata attraverso un procedimento, talora anche lungo, in cui si dibattono argomenti pro e contro; in altre parole la condanna a morte in seguito a un procedimento non è piú un omicidio per legittima difesa, ma un omicidio legale legalizzato, perpetrato a freddo, premeditato. Un omicidio che richiede degli esecutori, cioè persone autorizzate a uccidere. Non per nulla l'esecutore della pena di morte, per quanto autorizzato a uccidere, è sempre stato considerato un personaggio infame [...]. Questa autorizzazione non giustifica l'atto autorizzato e non lo giustifica, perché l'atto è ingiustificabile, ed è ingiustificabile perché è degradante per chi lo compie e per chi lo subisce (come si vede dicendo “degradante” uso un giudizio morale). Lo stato non può porsi sullo stesso piano del singolo individuo. L'individuo singolo agisce per rabbia, per passione, per interesse, per difesa. Lo stato risponde meditatamente, riflessivamente, razionalmente. Anch'esso ha il dovere di difendersi. Ma è troppo piú forte del singolo individuo per aver bisogno di spegnerne la vita a propria difesa. Lo stato ha il privilegio e il beneficio del monopolio della forza. Deve sentire tutta la responsabilità di questo privilegio e di questo beneficio. Capisco benissimo che è un ragionamento arduo, astratto, che può essere tacciato di moralismo ingenuo, di predica inutile. Ma cerchiamo di dare una ragione alla nostra ripugnanza alla pena di morte. La ragione è una sola: il comandamento di non uccidere.
Alba e notti qui variano per pochi segni.
Anche una piuma che vola può disegnare
Un numeroso sciame di api abitava un alveare spazioso. Là in una felice abbondanza esse vivevano tranquille. Questi insetti celebri per le loro leggi non lo erano meno per il successo delle loro armi e per il modo in cui si moltiplicavano. La loro dimora era un perfetto seminario di scienza e d’industria. Mai api vissero sotto un governo piú saggio; tuttavia mai ve ne furono di piú incostanti e di meno soddisfatte. Esse non erano né schiave infelici di una dura tirannia né erano esposte ai crudeli disordini della feroce democrazia. Esse erano condotte da re che non potevano errare perché il loro potere era saggiamente vincolato dalle leggi.
A Pietroburgo, non c'è niente di meglio della Prospettiva Nevskij. Essa è tutto. Di cosa non brilla questa strada, meraviglia della nostra capitale! So con certezza che non uno dei pallidi abitanti cambierebbe la Prospettiva Nevskij con tutti i beni della terra.