
per Zaira
Io e te partiremo
su un aereo di carta
in tre ore per passare il mare
dove il vento ci porta
un aereo di carta di giornale
che porta la notizia che
io e te siamo partiti
e non si sa dove siamo finiti
...

Lo scettro va tenuto con la destra, diritto, guai se lo metti giù, e del resto non avresti dove posarlo, accanto al trono non ci sono tavolini o mensole o trespoli dove tenere, che so, un bicchiere, un posacenere, un telefono; il trono è isolato, alto su gradini stretti e ripidi, tutto quello che fai cascare rotola e non si trova più.




Domenica, 28 marzo. Ricordo spesso la Casa Nobel di San Pietroburgo, abbandonata da molti anni. Scrissi già qualcosa su questo piccolo viaggio facendone protagonista il grande clown Polunin. Da alcuni giorni sto rendendo più corposo il suo incontro con gli specchi ammassati contro le pareti del primo stanzone. Polunin si avvicina allo specchio più grande che è proprio all'inizio del muro di fondo. Riesce a intravedere parti del suo corpo e del suo viso. Con un fazzoletto toglie lo strato di polvere, ma sotto la polvere non c' è più la sua faccia ma il viso di un uomo anziano che indossa un cappello militare di vecchia foggia. Polunin si ritrae sbalordito. Ripete gli stessi gesti sugli altri specchi e sempre incontra individui diversi. Torna a controllare lo specchio più grande e finalmente si rivede. E si ritrova anche negli altri specchi. Ma quando passa davanti al primo si accorge che c'è un'intera famiglia che sta in posa. Polunin sosta davanti a questo gruppo di persone e vede che piano piano tutti scompaiono per mostrare un uomo che passa con un mobile sulle spalle. Adesso una farfalla si muove in quello spazio. Poi Polunin si rivede ma subito la sua faccia diventa il viso sudato di una donna che si asciuga con un panno. Emozionato Polunin va a vedere quello che succede negli altri specchi e scopre immagini sepolte che affiorano, quasi che gli specchi volessero raccontare la loro storia. Nell'ultimo si intravede un morto sopra un vecchio letto d'angolo e alcune donne vestite di nero che pregano muovendo le dita sulle bianche corone. La cosa più sconvolgente è che Polunin sente un bisbiglio sommesso. Allora si allontana spaventato e si trova in un corridoio delimitato da armadi che all'improvviso si aprono e gli rotolano addosso una montagna di carte che gli si ammucchiano attorno e lo bloccano fino al petto. Si accorge che ci sono delle cose scritte a mano su quei fogli. Si muove appena per riuscire a leggere quei messaggi. Ne ripete qualcuno a voce alta per confermare la forza delle frasi.




Le carceri sono fitte come non mai, anche se è improbabile che vi si trovi un Gesù. Ancora meno probabile che ci sia più qualcuno capace di riconoscerlo. Ma poveri cristi sì, a migliaia. Dentro, e fuori. A volte lasciano un’impronta su un sudario, l’impronta di un ragazzo macilento tossico e pestato.
